martedì 25 settembre 2018

















Il posto migliore che potesse immaginare



Era il posto migliore che lui avesse potuto immaginare. Oppure era solo il riflesso di un pensiero.
Seduto sulla sedia aveva la migliore vista possibile.
La migliore vista possibile del miglior posto che avesse potuto immaginare.
O, forse, era soltanto il riflesso di un pensiero.
Vedeva la poltrona marrone, la libreria sulla parete di fondo, la porta finestra che dava sul terrazzo e lì fuori, bellissima, la pianta con le foglie gialle e verdi che si stagliava sul muro bianco del parapetto.
Era pomeriggio inoltrato, ottobre si sarebbe detto. La casa di fronte impediva di vedere il cielo; ma non dava fastidio, anzi, chiudeva il quadro in un modo definitivo.
In quell’istante, come a rovinare tutto, squillò il campanello. Voltò leggermente lo sguardo verso la porta, quel tanto che bastava per far entrare nel suo campo visivo il citofono e, immobile, attese che smettesse. Finalmente il silenzio tornò. Di nuovo fu tutto bellissimo, calmo, come sospeso nel tempo; in attesa di qualche altro evento, probabilmente. E’ si, doveva essere proprio così. Aveva notato che quel campanello, quel disturbo acustico al momento così fastidioso, gli aveva fatto apprezzare quella visione molto di più. Così attese. Attese che qualcosa avvenisse.
Ma il tempo passava e niente, niente accadeva. I muri bianchi ed i mobili che vi si appoggiavano delicatamente. L’aria bloccata tutto intorno alle cose, che sembrava tenerle lì, incapaci di trovare un’altra posizione. Adesso non sembrava più così bello, bello come prima. Quell’attesa lo snervava, lo faceva stare male, gli aveva inculcato un fastidiosissimo senso di aspettativa che aveva bisogno di essere soddisfatto.

Il sole intanto aveva deciso di sparire. La notte era arrivata improvvisa e quindi inaspettata. Le cose si erano ricoperte di un velo marrone e niente era più chiaro come prima; strade, palazzi, alberi, tutto insomma.

Guardò di scatto fuori dalla finestra e tutto era decisamente troppo marrone. Il palazzo di fronte e gli alberi giù in giardino, gli infissi e il pavimento del suo appartamento e perfino le sue mani. Doveva essere una specie di fotografia. La finestra incorniciava l’immagine che gli si parava davanti e lui si era lasciato ingannare.

Decise che avrebbe aspettato l’indomani mattina per valutare la situazione in maniera obiettiva. Adesso non si sentiva in grado di dare un giudizio distaccato. La notte, con i suoi pensieri e le sue suggestioni erano ancora troppo presenti. Troppo influenti.
Ma quella notte non riuscì a dormire neanche un minuto. Così, l’indomani mattina, tutto gli apparve come il giorno prima. Esattamente uguale; i palazzi marroni, il pavimento marrone, gli alberi e tutto il resto.

Il pomeriggio stesso si recò dal dottore e gli spiegò la situazione.
Dottore” gli disse “ sono molto preoccupato.”
Mi dica” Rispose questi.
Dunque” e si sistemò sulla sedia appoggiandosi bene allo schienale. “Vedo tutte le cose marroni, dottore.”
Si spieghi meglio” Disse il dottore alzando leggermente le sopracciglia e subito pentendosene.
Bene, mi capita di guardare fuori dalla finestra, o comunque di voltare lo sguardo verso una qualsiasi direzione e, tutto, mi appare marrone. Non omogeneo, intendiamoci, varie sfumature di marrone, Come se fosse un film in bianco e nero … ma su base marrone.”
Il dottore guardava dritto negli occhi il paziente ma sembrava che non fosse sua intenzione farlo. Era come se osservasse un punto qualsiasi nello spazio e casualmente coincidesse con i suoi occhi.
E’ una condizione permanente, la sua, oppure le capita solo in alcuni precisi momenti. Adesso per esempio è così?”
Ci fu un attimo di silenzio. Qualcuno fuori aveva chiuso il cancello e un clacson aveva suonato nel traffico pomeridiano.
L’uomo si guardò intorno cercando di concentrarsi su qualcosa di specifico. Gli cadde lo sguardo sulla bilancia alla sua sinistra. Avrebbe detto che fosse bianca, di un bianco quasi latte e gli angoli bordati di … anch’essi di bianco.
Tutto bene?” Fece il dottore.
Si, si, grazie.” Pensava al bianco che gli sembrava bianco e al marrone che non si ricordava più come fosse. Com’era il marrone? Non si ricordava proprio. Diverso dal bianco, sicuramente diverso. Si, ma come? Cazzo, era così recente quella sensazione nella sua memoria che non poteva credere di averla già scordata. Si guardò ancora intorno ma del marrone non c’era traccia. Si girò lentamente e speranzoso verso la libreria dietro di lui. Era bianca anch’essa, porca miseria. I libri, uno accanto all’altro, tutti bianchi, candidi come il latte.
Forse, dottore …il mar … cioè il bianco. Si il bianco, ecco, volevo dire il bianco, dottore. Mi sono sbagliato. E’ il bianco quello che vedo, è tutto bia … di che colore è la sua libreria dottore? Di che colore è?”
E’ marrone.”


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