lunedì 28 novembre 2016





















Il mio mondo qui vicino


Il mio mondo che sta qui accanto

Un indirizzo di posta eliminata, un messaggio destinatario sconosciuto

Penso a te che non ti ho mai raggiunta, al download che non mi è mai piaciuto

Rifletti sullo schermo un incipit moderno, qualcosa di reale ma anche demenziale

Mi piace la tastiera per scrivere alla mia di maniera
Ci metto dentro tutto, mi sbatto  sulle esse, sulle zeta e mi ritrovo analfabeta
Un orgasmo letterario un hard disk planetario 

Ci ho messo dentro troppe cose, lo svuoto in un istante a velocità costante

E mentre gli do invio rivedo il tuo messaggio, è posta italiana, è una lettera nostrana

Ma quel che vedo scritto è una lettera senza inizio e una fine da stampare
Una storia mai iniziata, un accesso casuale, un account digitato male

L’anteprima è disponibile ma lo schermo non è digitale

Ho un’analogia da proporti e non è affatto male, sei un algoritmo intelligente, un principio analogico, un ritorno al naturale

Clicca control zeta ma stai attenta, non mi fare male

Oppure annulla tutto e scendi per le scale, ci vediamo io e te per la storia da iniziare

martedì 22 novembre 2016




















Passerò in rassegna ogni tuo più piccolo dettaglio 


il significante e il significato
il predicato verbale e quello che hai sbagliato

l’amore alla massima potenza così come l’odio che ho provato

in un attimo ti vedo nell’intera dimensione e nell’estrema dilatazione 

mentre ti vedo piccina, perdere di significato e d’approvazione
ti guardo con la lente d’ingrandimento e perdo ogni riferimento 

per me troppo grande e smisurata, troppo bella e raffinata

ma in un istante la tua mente traballa ed io vacillo, e siamo entrambi in balia del caso, 
ed è bene che si torni al gioco di una descrizione
della stesura sul foglio bianco, di ciò che davvero renda te un incanto

è da lì che abbiamo iniziato, è da lì che si ricomincia ad indagare

e l’impressione che ci facciamo è di fresca bellezza, inusitata
un piccolo castello di vetro intarsiato, un soprammobile di vetro spaccato,
celeste, marrone, dentro, fuori, e sulle spalle un morbido visone

la guardo meglio in un riflesso d’oro, con l’occhiale intarsiato mentre lenta apre il porta sigarette argentato

quei puntini infiniti sulle braccia arrugginite, quel profumo di nettare sulla mano alveolare

mi tocca, che fa, mi accarezza, chissà
barcollo, tentenno e mi faccio da parte, aspetto distante in un angolo lontano

ho sonno e rimando, così il mio dolore si attutisce piano

rimbalzo sul suo corpo veloce e sensitivo 
riscopro l’odore del vino versato sulla tovaglia macchiata, sulla parete imbiancata

e i giorni migliori disposti in verticale, sul suo segno zodiacale
un susseguirsi di incongruenze paradossali, più vicine alla verità finale piuttosto che allo zodiaco celestiale

e niente sembra divenire fatale più del normale, più del suo corpo in posizione orizzontale

gli arti in un susseguirsi razionale e i loro movimenti in un convulso gioco demenziale

siamo ancora insieme, nonostante il mio senso per il paradossale e il sesso da farsi male

più la amo e più mi sento  un animale, la bacio sul fianco ma penso al sesso anale

così la descrizione tende a finire e così il  suo viso a scomparire

le sono di fianco vicino al suo cuore, eppure l’amore fatica a pensare
a tessere il filo di un rapporto sentimentale, un rapporto normale

ti prego amore non mi odiare, rifletti un momento ma non pensare.

lunedì 21 novembre 2016



















Quattro sedie  rosse e il tavolo bianco



Lei nero vestita, la casa rossa e verdi campi dintorno, 
come un principio di stagione


Ed io che chiamo da lontano e lei che non mi sente, 
ma non si oppone


E decido di fare il possibile, di getto senza pensare, 
senza tentennare


Un momento di rimpianto e poi a rotta di collo verso il mare


Ci stai non ci stai seduta sulla sedia rossa ad aspettare 

ed io che sorseggio il caffè, seduto lì di fronte sul bianco divano


Non mi è mai piaciuto l’amore da così vicino


Mi ritiro di buon ordine, si cara, mi ero sbagliato

quel che dissi non lo capisti, del resto ero così lontano


Ora tu dici che devi fare il possibile per rimediare

per rimettere le cose a posto, perché tutto ridiventi normale


ma mi rovescio il caffè sul braccio e mi fa male

gocce nere sul pavimento impossibili da pulire


Rimane tutto così sospeso, come sul tuo diario

tanto di scritto molto da raccontare, ma poco, o quasi nulla da fare


Cancelli le parole ad una ad una e cosa rimane in quello spazio molecolare

che cosa rimane del nostro viaggio verso il mare


E io che ti racconto mille storie da inventare, mentre i discorsi seri spariscono nel vento


Che faccio rimetto a posto le mille parole? Ridipingo dalle macchie il pavimento, nella speranza che svanisca il mio tormento


Non muoverti dalla tua posizione, rimani ferma nel tuo stato

se mai sarò io a porre la questione, un giorno di buon ora nel mezzo alla colazione


Il caffè uscirà dalla tazzina, sul pavimento, e sarai tu stavolta a ridipingere le macchie sul pentimento