sabato 20 giugno 2020














La mappa è il mio territorio

Io vedo la realtà come un insieme di relazioni paragonabili ad una mappa geografica, la mia realtà percettiva assomiglia ad una sorta di Google Maps nelle sue versioni bidimensionale e tridimensionale. La mia necessità di strutturare la realtà di codesta maniera sorge da più di una esigenza. Da una parte quella mnemonica, per cui la mia mente fatica a ricordare parole e concetti in maniera astratta, e dall’altra la costruzione di una carta geografica (un riferimento visivo), quindi la possibilità di visualizzare delle immagini, mi consente in maniera quasi fisica, di accedere alle informazioni che mi interessano. Il processo mentale che si compie è proprio quello di farsi un percorso “stradale”, passatemi il termine, attraverso il quale vado a pescare di volta in volta, cose, oggetti, che si definiscono con le parole.
Ma la mappa, come si diceva non è solo bidimensionale, perché posso andare a ricostruire fisicamente dove si trovano gli oggetti che mi interessa ricordare, e allora io vedrò dentro la mia testa le scale che portano in cantina e la libreria nella stanza sulla destra, dove ci sono i libri che mi interessano, e li vedrò proprio uno ad uno, perfino nell’ordine in cui sono veramente collocati sugli scaffali e financo certi oggetti che gli stanno accanto.
E le mie peregrinazioni, con la pratica, diverranno di volta in volta più efficaci, se mi abituerò ad utilizzare questo schema ogni qual volta ne avrò bisogno.
Ma la teoria delle mappe è molto di più. O lo può divenire, se ne faccio l’uso corretto.
Non esiste solamente la mappa dei luoghi, e di conseguenza degli oggetti, che nei luoghi sono conservati, bensì esistono una serie infinita di mappe che posso visualizzare, fino alla mappa delle mappe. Dovete immaginare una stratificazione di mappe, layers, ognuna delle quali rappresenta un insieme, che possono essere, cose, parole, tragitti, persone etc.
Tutte, però, sono legate dal fatto di essere collocate su di un territorio e che su questo territorio è possibile muoversi avanti e indietro. Posso costruire mappe all’infinito semplicemente decidendo di collocarvi al loro interno oggetti che abbiano un qualche tipo di relazione logica. La famiglia, ad esempio, ha una relazione logica con i parenti, che a loro volta hanno una relazione con gli avi e con i luoghi dove questi avi hanno vissuto, così che andrò ad intrecciare un layer pieno di persone, ad uno geografico che rappresenta i luoghi dell’infanzia, del presente e di un remoto passato.,
Meglio cercare di mantenere le mappe le più semplici possibile, in modo da non creare confusione, evitare che pecchino di coerenza al loro interno. Parenti con parenti e amici con amici per esempio. Una volta consolidate le mappe allora potremo iniziare a sovrapporle tra loro.
Ma torniamo all’essenza della mappa, al suo cuore. La mappa mi consente, da una parte, di attingere alle informazioni che mi interessano, se ben costruita, ma dall’altra parte mi consente di stabilire degli ambiti, che chiamerò percettivi, attraverso i quali posso inquadrare la realtà secondo schemi diversi da quelli a cui sono abituato. Posso stabilire delle mappe mentali che definiscano, ad esempio, il “dentro” e il “fuori”, intendendo queste condizioni nel loro più ampio significato. Il dentro fisico di un’abitazione e il fuori di essa, oppure il dentro di una stanza e il fuori inteso come il restante spazio dell’abitazione (sempre interno), o ancora il dentro la nostra mente e il fuori dalla mente e via discorrendo. Questi sono concetti semplici ma la loro schematizzazione consente di individuarli come categorie separate, così che possano essere valutati, anche separatamente, in relazione ad altri insiemi, per esempio quello degli eventi chimico-fisici che possono intervenire a modificarne la condizione.
Se è vero che mi trovo in una stanza, all’interno della stanza, ma cosa sta accadendo fuori che potrebbe modificare il mio stato e le mie percezioni? Costruiamoci allora una mappa degli eventi fisici che potrebbero modificare la condizione di quel luogo … la luce esterna perché ci sono delle finestre, il traffico perché il rumore oltrepassa i muri e via discorrendo.
Capirete bene che la costruzione di un modello si fatto possa dare enormi vantaggi al lavoro di uno scrittore, sceneggiatore, regista etc. Abbiamo il modo di strutturare il nostro canovaccio, la storia che vogliamo raccontare, in una maniera molto più solida e strutturata, con una serie di punti fermi che, se siamo bravi, possiamo di volta in volta intersecare con altri, metterli in relazione tra loro e scoprire sempre nuove interazioni.
Una volta acquisito lo schema posso davvero utilizzarlo in qualsiasi contesto. Per esempio voglio indagare la mappa dei momenti più critici nella crescita di un personaggio. Un limite, se così possiamo chiamarlo, è la necessità, una volta definito l’ambito d’azione, di porsi in una prospettiva a volo d’uccello. La visione della mappa stabilisce che ci dobbiamo elevare dal contesto (forse questa condizione ci allontana dall’azione in un primo momento, ma niente ci impedisce, dopo, di piombare a terra e sporcarci con la vita reale) e stabilire i contorni della mappa (che saranno provvisori, più tardi potremo allargali e modificarli man mano che si aggiungono informazioni o se ne abbiamo la necessità) sulla quale appoggiare il/i personaggi. Se ad esempio definiamo che il nostro eroe salirà sul treno nella stazione A per arrivare alla stazione B, il nostro gioco inizierà con la creazione della linea ferroviaria e delle due stazioni. Poniamo il personaggio nel treno e lo facciamo partire. Ecco che diamo una collocazione geografica e temporale, siamo ad esempio a Castiglioncello il 26 novembre del 1977 e M. frequenta il liceo a L. Di colpo il ns personaggio si riempie di connotazioni reali perché pensate subito, è mattina presto, sono le 7.05 e lui ha certamente sonno e forse anche freddo. Porta i pantaloni di lana che sua madre ha comprato nel tal negozio e per risparmiare (la mamma è una signora parsimoniosa) la qualità lascia a desiderare e così gli provocano una continua irritazione alle gambe che lo costringe a grattarsi e per conseguenza, la sua cerchia di amici lo prende in giro ma M. fatica a difendersi (M. è un ragazzo timido che si fa influenzare dai giudizi degli altri).
Insomma, abbiamo stabilito una mappa. Perché sappiamo esattamente dove si trovi M. e dove stia andando, quale sia il suo tragitto e di conseguenza le relazioni che può sperimentare lungo quel tragitto etc. Ma noi possiamo andare più in là e costruirci già una mappa delle possibili deviazioni. Quali sono i luoghi della trasgressione, per trasgressione intendo le deviazioni da un percorso stabilito, che possono avere una natura semplicemente geografica ma anche di condotta, di atteggiamento morale. Potrei andare avanti, ma credo abbiate capito.
La mappa è un sistema che da una parte consente di mantenere sotto controllo la complessità del contesto/storia/relazioni e dall’altra ci consente di aggiungere, sperimentare, individuare percorsi alternativi allo svolgersi degli eventi o cambiarli del tutto.
Tutto il sistema appare come una costruzione meramente virtuale, ma in realtà il suo motore vero sta nella natura fisica delle cose e nelle azioni che ne conseguono. Senza le strade, senza le case, senza i pantaloni, senza la carne e i peli che reagiscono al freddo e le labbra che si seccano e la gola che ti brucia e gli alberi su cui si schiantano le nostre auto e i cieli che guardiamo alzando la testa, senza tutto questo non ci sarebbe niente. Nemmeno i libri.
Poniamo che vogliate scrivere una storia, un racconto o un libro, o un film, qualsiasi cosa abbiate in mente. Vi trovate in un luogo, un luogo qualsiasi, ma per facilità diciamo che siete seduti nel dehors di un caffè di una cittadina sulla scogliera italiana, perché la conoscete bene, ed è sempre meglio partire da qualcosa che si conosca.
La gente intorno sorseggia un caffè o una bibita, qualcuno passa in bicicletta, alcune auto, poche, transitano in lontananza perché vi trovate in un’area pedonale.
Adesso dovete elevarvi, al di sopra di tutto ed iniziare la costruzione delle mappe.
Partiamo da quella geografica, il bar, le case, quasi tutte degli anni ‘50, un po' scrostate, segno di scarsa manutenzione e quindi una economia locale poco florida (perché? Più avanti nella storia cercheremo di capirlo).
Il vostro eroe dove abita? Lì vicino? Una casa in cima al paese, accanto alla chiesa. Quali relazioni intrattiene? Ci sono parenti o amici? No, è solo. Allora vediamo quali ambienti frequenta; il bar dove fa colazione, un ristorantino sulla spiaggia, il minimarket all’ingresso del paese, etc. Strutturiamo tutto dentro una mappa e verifichiamo le distanze, i percorsi, le alternative. Chi potrebbe incontrare lungo quei percorsi? Chi incontra di solito? La cassiera del minimarket è carina? Lei gli fa il filo?
Con cadenza settimanale l’eroe si reca all’ufficio postale e riceve un pacco. Da dove lo riceve? Dove si trova la sua famiglia?
Di solito la costruzione del personaggio credo venga fatta a monte, ci si chiede come sia fisicamente e caratterialmente e via discorrendo. Con questo metodo partiamo dalle sue azioni, dai luoghi che frequenta e il modo in cui si muove. Non sappiamo niente del personaggio, lo costruiamo passo passo facendoci aiutare dal contesto, in base a come il ns personaggio reagisce al contesto in cui l’abbiamo collocato e alle relazioni che i suoi movimenti stabiliscono.
In pratica si va avanti ed indietro in continuazione, tra il contesto e il personaggio. Scegliamo il colore degli occhi ed il modo in cui vede il mare, perché abbiamo stabilito che lì ci sia il mare e siccome c’è il mare possiamo anche decidere che lui lo odi il mare, ma perché? Perché sappiamo che ha gli occhi verdi ma è anche daltonico e quindi è vagamente triste per il fatto che per lui il mare sia sempre di colore grigio, anche in una splendida giornata di sole.
Un elemento cruciale nell’utilizzo della tecnica delle mappe è la scelta del momento, o meglio dell’occasione. Da lì discende tutto, o quasi. Esistono “n” momenti da cui dare avvio al processo e “n” luoghi da cui iniziare il processo, perché alla fine è di una mappa di cui stiamo parlando e il modo in cui la si utilizza e poi si percorre il territorio, sono un fattore fondamentale per la buona riuscita del processo.
Sono a casa, sono fuori, mi sento bene, mi sento male, ho la febbre, mi ha lasciato la ragazza oppure è morta mia madre (Albert Camus), sono tutti starting point possibili che hanno a che fare con un luogo e con uno stato d’animo.
Il luogo può benissimo essere casuale. Non c’è nessun bisogno che faccia una scelta ponderata, posso benissimo lasciare che sia il caso a determinare il punto d’inizio. Anzi, anche per questa circostanza potremmo utilizzare una mappa. La mappa delle circostanze o la mappa dei luoghi. Ma “luoghi” è troppo generico. Sarà mia premura costruire delle mappe ad hoc per luoghi specifici. I luoghi dell’infanzia, i luoghi del cuore, i luoghi del lavoro, i luoghi delle vacanze, i luoghi del sesso, i luoghi della perdizione, i luoghi della droga, i luoghi della paura, i luoghi dell’ozio e chi più ne ha più ne metta.
Il mio approccio con le storie è prevalentemente quella della casualità. Mi piace iniziare in qualsivoglia punto e qualsivoglia momento, proprio perché è lì che si esprime al suo massimo la forza propulsiva delle mappe. E’ dal caso che può scaturire la successione di eventi più inaspettata e sorprendente, quando invece una scelta ponderata dell’occasione di avvio potrebbe condizionare lo svolgersi del racconto, dare priorità ad alcune situazioni già previste dentro i nostri schemi preordinati, che renderebbero più prevedibile la concatenazione degli eventi.
Ancora una volta lasciatevi andare all’imprevedibilità del meccanismo, non abbiate paura di sperimentare e introdurre variabili nuove al vs impianto, potrete sempre tornate indietro, anche se non sapete cosa vi riservi l’ultima scelta che avete fatto finché non sarà arrivata a conclusione. Lasciatevi trasportare dagli eventi anche se in un primo momento sembra che non portino a niente, perché dietro ogni angolo può nascondersi una sorpresa. Questo è il lato più eccitante della metodologia.
Stiamo parlando di finzione per cui possiamo permetterci di assumere quello che stiamo descrivendo come “vero”. Niente è più vero di quello che diciamo, in quanto lo stiamo dicendo. A livello di linguaggio ciò che diciamo è vero in quanto tale, anche se dico “voglio uccidere mia madre” e poi non lo faccio. Quello che ho detto è comunque vero all’interno del layer di riferimento, il layer della semantica. Un altro layer, quello della realtà fattuale, troverà la frase completamente falsa, ma non perché non sia vera, ma perché non è congrua, fa riferimento ad un codice diverso. Possiamo dire che la mappa della “realtà” non esista.
La realtà si esplica secondo schemi diversi, anzi non esistono schemi capaci di riprodurla, essa è tale solo in quanto non è riproducibile altrimenti, se non attraverso sé stessa. Tutto il resto, a partire dalle parole, sta sopra di essa: è sovrastruttura.

giovedì 18 giugno 2020

Another cup of coffee















La domanda mi sorge spontanea.
Sbaglio o le notizie che leggiamo in rete hanno sempre un enfasi maggiore rispetto alla loro reale importanza, al reale peso specifico del loro contenuto. E' come se la loro lettura, perché pur sempre di lettura si parla (non è che ti stiano dando uno schiaffo o ti stiano urlando nell'orecchio), fosse amplificata o ingigantita dal mezzo che te la propone. Eppure sei come tuo solito seduto comodamente in poltrona, magari sorseggi un buon tè o un espresso appena uscito da una vecchia e consunta moka, ma bum ... la notizia assume un incedere inaspettato, un'urgenza, una drammaticità degna di Dario Argento o Alfred Hitchcock, a seconda dei gusti.
Insomma verrebbe davvero da pensare che il mezzo sia il messaggio e ovviamente un pò lo è. Ma solo in parte. Io credo che ancor più sia la distanza che si è andata riducendo tra la fonte dell'informazione e il suo fruitore, noialtri. I due soggetti sono divenuti prossimi, non ci sono più quei filtri a cui ci eravamo abituati, diciamo dagli anni '50 in poi, che ci consentivano di prenderci il tempo per versarci un altro pò di tè prima di saltare a conclusioni affrettate.

martedì 25 settembre 2018

















Il posto migliore che potesse immaginare



Era il posto migliore che lui avesse potuto immaginare. Oppure era solo il riflesso di un pensiero.
Seduto sulla sedia aveva la migliore vista possibile.
La migliore vista possibile del miglior posto che avesse potuto immaginare.
O, forse, era soltanto il riflesso di un pensiero.
Vedeva la poltrona marrone, la libreria sulla parete di fondo, la porta finestra che dava sul terrazzo e lì fuori, bellissima, la pianta con le foglie gialle e verdi che si stagliava sul muro bianco del parapetto.
Era pomeriggio inoltrato, ottobre si sarebbe detto. La casa di fronte impediva di vedere il cielo; ma non dava fastidio, anzi, chiudeva il quadro in un modo definitivo.
In quell’istante, come a rovinare tutto, squillò il campanello. Voltò leggermente lo sguardo verso la porta, quel tanto che bastava per far entrare nel suo campo visivo il citofono e, immobile, attese che smettesse. Finalmente il silenzio tornò. Di nuovo fu tutto bellissimo, calmo, come sospeso nel tempo; in attesa di qualche altro evento, probabilmente. E’ si, doveva essere proprio così. Aveva notato che quel campanello, quel disturbo acustico al momento così fastidioso, gli aveva fatto apprezzare quella visione molto di più. Così attese. Attese che qualcosa avvenisse.
Ma il tempo passava e niente, niente accadeva. I muri bianchi ed i mobili che vi si appoggiavano delicatamente. L’aria bloccata tutto intorno alle cose, che sembrava tenerle lì, incapaci di trovare un’altra posizione. Adesso non sembrava più così bello, bello come prima. Quell’attesa lo snervava, lo faceva stare male, gli aveva inculcato un fastidiosissimo senso di aspettativa che aveva bisogno di essere soddisfatto.

Il sole intanto aveva deciso di sparire. La notte era arrivata improvvisa e quindi inaspettata. Le cose si erano ricoperte di un velo marrone e niente era più chiaro come prima; strade, palazzi, alberi, tutto insomma.

Guardò di scatto fuori dalla finestra e tutto era decisamente troppo marrone. Il palazzo di fronte e gli alberi giù in giardino, gli infissi e il pavimento del suo appartamento e perfino le sue mani. Doveva essere una specie di fotografia. La finestra incorniciava l’immagine che gli si parava davanti e lui si era lasciato ingannare.

Decise che avrebbe aspettato l’indomani mattina per valutare la situazione in maniera obiettiva. Adesso non si sentiva in grado di dare un giudizio distaccato. La notte, con i suoi pensieri e le sue suggestioni erano ancora troppo presenti. Troppo influenti.
Ma quella notte non riuscì a dormire neanche un minuto. Così, l’indomani mattina, tutto gli apparve come il giorno prima. Esattamente uguale; i palazzi marroni, il pavimento marrone, gli alberi e tutto il resto.

Il pomeriggio stesso si recò dal dottore e gli spiegò la situazione.
Dottore” gli disse “ sono molto preoccupato.”
Mi dica” Rispose questi.
Dunque” e si sistemò sulla sedia appoggiandosi bene allo schienale. “Vedo tutte le cose marroni, dottore.”
Si spieghi meglio” Disse il dottore alzando leggermente le sopracciglia e subito pentendosene.
Bene, mi capita di guardare fuori dalla finestra, o comunque di voltare lo sguardo verso una qualsiasi direzione e, tutto, mi appare marrone. Non omogeneo, intendiamoci, varie sfumature di marrone, Come se fosse un film in bianco e nero … ma su base marrone.”
Il dottore guardava dritto negli occhi il paziente ma sembrava che non fosse sua intenzione farlo. Era come se osservasse un punto qualsiasi nello spazio e casualmente coincidesse con i suoi occhi.
E’ una condizione permanente, la sua, oppure le capita solo in alcuni precisi momenti. Adesso per esempio è così?”
Ci fu un attimo di silenzio. Qualcuno fuori aveva chiuso il cancello e un clacson aveva suonato nel traffico pomeridiano.
L’uomo si guardò intorno cercando di concentrarsi su qualcosa di specifico. Gli cadde lo sguardo sulla bilancia alla sua sinistra. Avrebbe detto che fosse bianca, di un bianco quasi latte e gli angoli bordati di … anch’essi di bianco.
Tutto bene?” Fece il dottore.
Si, si, grazie.” Pensava al bianco che gli sembrava bianco e al marrone che non si ricordava più come fosse. Com’era il marrone? Non si ricordava proprio. Diverso dal bianco, sicuramente diverso. Si, ma come? Cazzo, era così recente quella sensazione nella sua memoria che non poteva credere di averla già scordata. Si guardò ancora intorno ma del marrone non c’era traccia. Si girò lentamente e speranzoso verso la libreria dietro di lui. Era bianca anch’essa, porca miseria. I libri, uno accanto all’altro, tutti bianchi, candidi come il latte.
Forse, dottore …il mar … cioè il bianco. Si il bianco, ecco, volevo dire il bianco, dottore. Mi sono sbagliato. E’ il bianco quello che vedo, è tutto bia … di che colore è la sua libreria dottore? Di che colore è?”
E’ marrone.”


domenica 16 settembre 2018



















Il mio mondo, qui accanto.

Il mio mondo è cambiato. Io sono cambiato. Noi siamo cambiati.
La mia personalità ha assunto un numero di identità tali che ormai è diventato impossibile seguirle tutte quante. Fateci caso. Il mondo virtuale, il Web in tutte le sue forme e in tutte le sue modalità di espressione, Facebok, Instagram, Twitter, etc, hanno superato (per dimensioni spazio/temporali) la realtà fattuale. Io, ma come tutti del resto, viviamo per la maggior parte del nostro tempo dentro quella bolla virtuale, e lì dentro esprimiamo una pluralità di noi stessi. La conseguenza prinicipale di questo scarto esistenziale, risiede nel fatto che le mie dichiarazioni, le mie verbalizzazioni, le mie opinioni, perdano di peso specifico man mano che si addentrano nella rete del Web. Ciò che esprimo in quel contesto non sono esattamente io, è il mio "Io Instagram" che sta prendendo quella posizione, è il mio "Io Twitter" che sta offendendo l'immigrato che mi infastidisce al semaforo di piazzale Corvetto. Le dichiarazioni di Salvini, ma anche di Renzi o Di Maio, viaggiano in rete come trottole impazzite, assumendo forme diverse e conseguentemente modificando i contenuti a seconda che vengano divulgate su una piattaforma piuttosto che su un'altra. Sono sempre io, ma non sono proprio io. Anzi, sono un me un pò diverso, un me meno uguale. E non ci sarebbe niente di male, sapete. E' sempre stato così. Tutti noi abbiamo sempre avuto molteplici personalità. C'era l'io a scuola che doveva vedersela con l'autorità scolastica (o più in generale con l'autorità costituita), gli insegnati e il preside, un "io" che più tardi sarebbe diventato l'io sul posto di lavoro, nella fabbrica od in un ufficio. L'io a casa, tra le mura domestiche, che intergiva con i genitori. L'io che aveva a che fare con gli amici, con i compagni, ed un altro io che si relazionava con il fidanzato/a, la compagna/o o la moglie/marito. Diciamo che queste erano le categorie comportamentali principali, forse potremme elencarne altre, ma credo che non andremmo troppo in là. Tutte queste sfaccettature della nostra personalità, badate bene, esistono ancora, non sono scomparse. Continuiamo a comportarci convenientemente in ogni specifica situazione. Il problema è che a quella sfera esistenziale se ne è aggiunta un'altra. una sfera che ha la caratteristica di essere incorporea, che ha la consistenza di una nebbia mattutina che ricopre tutte le cose intorno a noi, ma che se tenti di afferrarla rimani a mani vuote. Nel bene e nel male.
Per ricapitolare: se fai un'affermazione sul web, sembra di una consistenza diversa, il suo peso specifico ha un valore di molto inferiore a quello reale. E questa "leggerezza" pare consentirti di esternare le più scellerate nefandezze senza che tu ne debba sentire il peso e subirne le dovute conseguenze. Ci sentiamo tutti un pò più liberi di sbagliare, di procedere per tentativi (che non sarebbe così sbagliato di per sé), di portare alla luce convinzioni pescate in profondità recondite del nostro/i "io". E intanto la nostra personalità si moltiplica, diviene multiforme, assume identità diverse a seconda del contesto ed infine, inevitabilmente, prende il sopravvento. Ci convinciamo che quella sia la realtà. o che "anche" quella sia la realtà, e come tale iniziamo a considerarla. Esprimo il mio Io/Twitter giustamente incazzato per certe questioni socio/politiche sicuro che i miei sostenitori Facebook spalmeranno le mie dichiarazioni su tutti i social e più tardi, al comizio vicino alla sede di Casa Pound, inneggerò alle ruspe nei campi Rom, mentre in serata, nel successivo incontro a Porta a Porta, farò marcia indietro su posizioni democristiane .
Ma quale devo considerare come una verità? Quale "io" mi rappresenta veramente? Chi sono "io"? Sono quello più vicino al tuo "io" Instagram o al tuo "io" Twitter, che un giorno, scambiando la realtà fattuale per quella virtuale, combinerà un grande pasticcio; farà un comizio virtuale in un luogo reale e farà esplodere una bomba reale in un luogo ... reale! Ma che pensava non fosse tale.






mercoledì 20 dicembre 2017






Sopra il cielo

Ci sono cose che non posso sopportare
Le camicie nell'armadio che non siano piegate bene
Il cassetto delle posate dove tutto è mescolato assieme
Un diario dove gli eventi non siano riportati cronologicamente
E la gente che ti dice una cosa e tu sai che mente
Una casa arredata all'Ikea uguale a tutte quante
Il sabato in città e la domenica in fila sulla variante
Una cena nel ristorante stellato
Un fine settimana nel golf privato
Se nell'hotel non è prevista la piscina
Rinuncio alla vacanza al viaggio per la Cina
Insomma sono pieno di discorsi, di principi inusuali
Risulta un poco strano procedere di tal guisa e poi  addormentarsi sul divano
Quando in cuor tuo ritieni di concedere assai più dell'usuale
Fai un sacco di discorsi, parli, urli, ribatti, ti inalberi per un principio fondamentale
Poi d'improvviso ti rimangi quel che hai detto, niente ti sembra essere essenziale
Che cosa ti spinge avanti allora, se non credi in nulla di cruciale
Dimmelo te se hai un sistema di valori che sia reale
Che si rifaccia ad una filosofia basata su un principio fondamentale
Io non concordo, non mi piace essere un dato, un principio di riferimento
Ho visto troppa gente che fa finta di non essere benpensante
Che si ribella al potere dominante e poi va in chiesa a fare il penitente
Va alla messa fa la comunione e vota il partito d'opposizione
Fa le vacanze in Sardegna e poi partecipa alla manifestazione
Si compra il Suv d'occasione pur di non fare la figura del barbone
Ecco io vorrei entrare nelle loro Ikea case e guardare nei cassetti per controllare le posate
Vedere se leggono il vangelo o due metri sopra il cielo

 














Onde


Adesso sembra tutto così lontano, come in una dimensione diversa, un altro meridiano
Eppure eri così vicina, galleggiavi sull'acqua ed io nuotavo in un mondo circostante
Vedevo le onde procedere con un moto danzante, ed io ti seguivo, ad andatura costante
Talora sul flesso, talora sul colmo della tua imperturbabile onda, che non accenna a piegarsi a cadere, a infrangersi sul fondo del mare
Io fatico a nuotare ed a restare a galla, cerco un appiglio, un aiuto, un ristoro
Il mio mondo vacilla non riesco a procedere in senso lineare, è tutto sotto sopra ho perso il biglietto, non posso pagare
Ci sono discorsi che non comprendo, concetti che non apprendo, ritorna nel mio sistema ridefinisci il tuo stilema
Se peschi nel mio universo ti ritrovi a procedere in senso inverso, ma non ti devi spaventare è un sistema elementare, non c'è niente di difficile, non puoi sbagliare
Quel poco che devi imparare, senza accorgertene, fa già parte del tuo bagaglio culturale
L'importante è non pensare a quello che devi fare, uno volta imparato lo devi dimenticare
Costruisci uno steccato e mettici il mondo dentro, e vedrai che quello che ti interessa sta fuori, ha un altro baricentro
Tutto perde di significato, d'improvviso il mondo è bello solo se non l'hai provato, solo se passi le ore ad aspettare la ragazza di cui ti sei innamorato
E scopri che lei non è quella ideale, non ascolta Bach, non legge Montale, il pantalone l'ha comprato al mercato comunale e te allora da vero cretino dici, ma non ci voglio avere a che fare con una di un così basso strato sociale
Mi sento su un altro piano, viaggio a livello siderale, scusa che dici? Non sento, c'è un rumore di fondo che copre la tua voce nasale
Neanche ti fermi a guardarla, ti chiama, ti impreca, forse sta male, ma te sei impegnato in una partita che non puoi rimandare
Quello steccato è alto, smisurato, è il muro fatale, che ti separa da tutti, dal mondo animale
Ti credi liberato, di una cultura superiore, non vuoi essere incasellato in uno schema globale
Ripudi il tuo sistema di valori per un altro, che ad un'analisi attenta è proprio uguale
Nemmeno te ne accorgi, tanto sei preso dall'essere fuori gli schemi e pertanto il classico omologato totale, che più sei diverso e più sei uguale
Il tuo guru personale ti ha raccontato una realtà che è peggio di quella virtuale, piena di esperienze e sogni venuti male
Ti difendi, stai male, tutti ti assalgono, è arrivato il momento del conto finale
Ti batti, ti incazzi, ti fai davvero male, e nemmeno ti accorgi che sono gli altri a finire all'ospedale
E ne passa di tempo, e te che ci puoi fare, non ti accorgi di nulla, la tua visione è sfocata, un quadro autunnale
E chiedi perdono, si, arrivi a negare l'evidenza più elementare, per poi tradirti il giorno seguente come un invertebrato cerebrale
Lei non ci casca stavolta, sta attenta a non lasciarsi fregare, ti conosce troppo bene, anche se l'amore a volte è fatale
Tu leggi Mc Ewan e intravedi una remota speranza, ti dici fra poco è Natale, lei sarà più buona ed io meno uguale
Lo leggi in uno specchio che tieni lì apposta per farti guardare, ma ti avvicini troppo e i guai non tarderanno ad arrivare
Ma di cosa sei fatto, che pasta hanno usato per renderti tale, un ammasso di menzogne, di discorsi inventati, un format da televisione commerciale
Anche sul video oramai risulti irreale, non ti crede nemmeno la casalinga di un programma demenziale
Hai perso la bussola, il riferimento, la strada, il sentiero verso il mondo reale
Non riconosci la differenza tra una struttura ad albero e il suo referente nel mondo naturale
Cosa sei diventato, dimmi, mi prendi per il culo o pensi di dirmi qualcosa che possa toccare, che abbia spessore, che non sia digitale
Si possa anche mangiare volendo, masticare, ingoiare, poi digerire e perfino vomitare
Oppure ti limiti al tuo solito silenzio, una pietra contro un sasso, l'inizio di un nuovo finale.



 Buone intenzioni


Così mi sveglio, senza perdermi d'animo con intenzioni debordanti
Prima un piede poi l'altro, e un breve scatto in avanti
Barcollo mi dimeno, trovo un appiglio solido, tiro il fiato
Faccio mente locale, sono nel solito posto di merda niente è cambiato
Tutte le intenzioni che mi pareva avere, svaniscono nel tempo di arrivare al cesso e mettermi a sedere
Un pensiero tira l'altro faccio fatica a tenere il passo persino con i miei pensieri, sono al collasso
Ho davanti una giornata, un'occasione importante, o la solita tirata di merda, una delle tante
Col solito umorismo che mi ritrovo fin da piccino tendo a credere ad una giornata esaltante, la classica incazzatura costante
M'infilo la giacca migliore, l'occhiale scuro, m'infilo dritto giù per le scale rotolo per terra mi faccio male
Mi tiro su che sembro un delfino, faccio finta di niente, anche se ho rotto un piede contro il gradino
Che sole abbagliante, un mare di gente, che voglia che ho di tornare in casa all'istante
Il solito dilemma, la solita storia, io che non ho voglia di fare assolutamente niente per riempirmi di gloria
Eppure mi garberebbe, sarebbe esaltante, ma poi ci starei bene per un momento, per un istante
Dammelo te un motivo, una buona ragione, per mettermi in moto al mattino, per trovare la mia dimensione
Cerco la vera ossessione, la mia prima destinazione, mi creo un idolo, lo forgio con la mia mano, penso a Paul Newman ad un paese lontano
Ma poi mi fermo al bar della stazione, mi prendo un caffè un cornetto e poi ne mangio altri tre
Perdo tempo come nessuno sa fare, il mio sport preferito, nessuno mi può eguagliare, e così sogno di essere partito, di toccare il cielo conun dito
Magari c'è un treno fermo ad aspettare, si tratta solo di andare a vedere
Un binario nascosto, il numero zero, destinazione infinito, se voglio ci posso andare in un minuto
Ma oggi ho da fare, mille persone da incontrare il regalo per Francesca da comprare, ecco da domani però, voglio cambiare
Allora aiutami a cambiare sono sicuro che con te ce la posso fare, tu mi dai la spinta giusta, sei l'anello mancante, la particella elementare
Che dici? non sono il tipo affidabile che avevi immaginato? che passa la giornata sul divano, sempre in quello stato
Un perditempo svogliato, uno che non ha mai imparato e quel poco che sapeva l'ha scordato
Cosa faccio allora, torno a casa, faccio finta di niente, e mi rimetto a dormire come se niente fosse davvero importante
Neanche tu che alla fine sei l'elemento determinante, la congiunzione col mondo circostante
L'unico motivo per continuare questo viaggio senza senso apparente
E allora aspetto di risvegliarmi in un mondo meno aberrante, mi sdraio sul divano e aspetto fiducioso un nuovo inizio
Dormo e mi immergo nel tuo dolce supplizio, vago per sentieri nascosti alla ricerca di un indizio
Ma amore ti prego non svegliarmi fino al prossimo mattino, quello dove i leoni ti si addormentano vicino
Ma non esiste paura non c'è tormento, quello che cresce dentro è un nuovo sentimento
Sei tu che mi lasci, e sono io che muoio dentro