La mappa è il mio territorio
Io vedo la realtà come un insieme di relazioni paragonabili
ad una mappa geografica, la mia realtà percettiva assomiglia ad una sorta di
Google Maps nelle sue versioni bidimensionale e tridimensionale. La mia
necessità di strutturare la realtà di codesta maniera sorge da più di una
esigenza. Da una parte quella mnemonica, per cui la mia mente fatica a
ricordare parole e concetti in maniera astratta, e dall’altra la costruzione di
una carta geografica (un riferimento visivo), quindi la possibilità di
visualizzare delle immagini, mi consente in maniera quasi fisica, di accedere
alle informazioni che mi interessano. Il processo mentale che si compie è proprio
quello di farsi un percorso “stradale”, passatemi il termine, attraverso il
quale vado a pescare di volta in volta, cose, oggetti, che si definiscono con
le parole.
Ma la mappa, come si diceva non è solo bidimensionale,
perché posso andare a ricostruire fisicamente dove si trovano gli oggetti che
mi interessa ricordare, e allora io vedrò dentro la mia testa le scale che
portano in cantina e la libreria nella stanza sulla destra, dove ci sono i
libri che mi interessano, e li vedrò proprio uno ad uno, perfino nell’ordine in
cui sono veramente collocati sugli scaffali e financo certi oggetti che gli
stanno accanto.
E le mie peregrinazioni, con la pratica, diverranno di volta
in volta più efficaci, se mi abituerò ad utilizzare questo schema ogni qual
volta ne avrò bisogno.
Ma la teoria delle mappe è molto di più. O lo può divenire,
se ne faccio l’uso corretto.
Non esiste solamente la mappa dei luoghi, e di conseguenza
degli oggetti, che nei luoghi sono conservati, bensì esistono una serie
infinita di mappe che posso visualizzare, fino alla mappa delle mappe. Dovete
immaginare una stratificazione di mappe, layers, ognuna delle quali rappresenta
un insieme, che possono essere, cose, parole, tragitti, persone etc.
Tutte, però, sono legate dal fatto di essere collocate su di
un territorio e che su questo territorio è possibile muoversi avanti e
indietro. Posso costruire mappe all’infinito semplicemente decidendo di
collocarvi al loro interno oggetti che abbiano un qualche tipo di relazione
logica. La famiglia, ad esempio, ha una relazione logica con i parenti, che a
loro volta hanno una relazione con gli avi e con i luoghi dove questi avi hanno
vissuto, così che andrò ad intrecciare un layer pieno di persone, ad uno
geografico che rappresenta i luoghi dell’infanzia, del presente e di un remoto
passato.,
Meglio cercare di mantenere le mappe le più semplici
possibile, in modo da non creare confusione, evitare che pecchino di coerenza
al loro interno. Parenti con parenti e amici con amici per esempio. Una volta
consolidate le mappe allora potremo iniziare a sovrapporle tra loro.
Ma torniamo all’essenza della mappa, al suo cuore. La mappa
mi consente, da una parte, di attingere alle informazioni che mi interessano,
se ben costruita, ma dall’altra parte mi consente di stabilire degli ambiti,
che chiamerò percettivi, attraverso i quali posso inquadrare la realtà secondo
schemi diversi da quelli a cui sono abituato. Posso stabilire delle mappe
mentali che definiscano, ad esempio, il “dentro” e il “fuori”, intendendo queste
condizioni nel loro più ampio significato. Il dentro fisico di un’abitazione e
il fuori di essa, oppure il dentro di una stanza e il fuori inteso come il
restante spazio dell’abitazione (sempre interno), o ancora il dentro la nostra
mente e il fuori dalla mente e via discorrendo. Questi sono concetti semplici
ma la loro schematizzazione consente di individuarli come categorie separate,
così che possano essere valutati, anche separatamente, in relazione ad altri insiemi,
per esempio quello degli eventi chimico-fisici che possono intervenire a
modificarne la condizione.
Se è vero che mi trovo in una stanza, all’interno della
stanza, ma cosa sta accadendo fuori che potrebbe modificare il mio stato e le
mie percezioni? Costruiamoci allora una mappa degli eventi fisici che
potrebbero modificare la condizione di quel luogo … la luce esterna perché ci
sono delle finestre, il traffico perché il rumore oltrepassa i muri e via
discorrendo.
Capirete bene che la costruzione di un modello si fatto
possa dare enormi vantaggi al lavoro di uno scrittore, sceneggiatore, regista
etc. Abbiamo il modo di strutturare il nostro canovaccio, la storia che
vogliamo raccontare, in una maniera molto più solida e strutturata, con una
serie di punti fermi che, se siamo bravi, possiamo di volta in volta
intersecare con altri, metterli in relazione tra loro e scoprire sempre nuove
interazioni.
Una volta acquisito lo schema posso davvero utilizzarlo in
qualsiasi contesto. Per esempio voglio indagare la mappa dei momenti più
critici nella crescita di un personaggio. Un limite, se così possiamo
chiamarlo, è la necessità, una volta definito l’ambito d’azione, di porsi in
una prospettiva a volo d’uccello. La visione della mappa stabilisce che ci
dobbiamo elevare dal contesto (forse questa condizione ci allontana dall’azione
in un primo momento, ma niente ci impedisce, dopo, di piombare a terra e
sporcarci con la vita reale) e stabilire i contorni della mappa (che saranno
provvisori, più tardi potremo allargali e modificarli man mano che si
aggiungono informazioni o se ne abbiamo la necessità) sulla quale appoggiare
il/i personaggi. Se ad esempio definiamo che il nostro eroe salirà sul treno
nella stazione A per arrivare alla stazione B, il nostro gioco inizierà con la
creazione della linea ferroviaria e delle due stazioni. Poniamo il personaggio
nel treno e lo facciamo partire. Ecco che diamo una collocazione geografica e
temporale, siamo ad esempio a Castiglioncello il 26 novembre del 1977 e M.
frequenta il liceo a L. Di colpo il ns personaggio si riempie di connotazioni
reali perché pensate subito, è mattina presto, sono le 7.05 e lui ha certamente
sonno e forse anche freddo. Porta i pantaloni di lana che sua madre ha comprato
nel tal negozio e per risparmiare (la mamma è una signora parsimoniosa) la
qualità lascia a desiderare e così gli provocano una continua irritazione alle
gambe che lo costringe a grattarsi e per conseguenza, la sua cerchia di amici
lo prende in giro ma M. fatica a difendersi (M. è un ragazzo timido che si fa
influenzare dai giudizi degli altri).
Insomma, abbiamo stabilito una mappa. Perché sappiamo
esattamente dove si trovi M. e dove stia andando, quale sia il suo tragitto e
di conseguenza le relazioni che può sperimentare lungo quel tragitto etc. Ma
noi possiamo andare più in là e costruirci già una mappa delle possibili
deviazioni. Quali sono i luoghi della trasgressione, per trasgressione intendo
le deviazioni da un percorso stabilito, che possono avere una natura
semplicemente geografica ma anche di condotta, di atteggiamento morale. Potrei
andare avanti, ma credo abbiate capito.
La mappa è un sistema che da una parte consente di mantenere
sotto controllo la complessità del contesto/storia/relazioni e dall’altra ci
consente di aggiungere, sperimentare, individuare percorsi alternativi allo
svolgersi degli eventi o cambiarli del tutto.
Tutto il sistema appare come una costruzione meramente
virtuale, ma in realtà il suo motore vero sta nella natura fisica delle cose e
nelle azioni che ne conseguono. Senza le strade, senza le case, senza i
pantaloni, senza la carne e i peli che reagiscono al freddo e le labbra che si
seccano e la gola che ti brucia e gli alberi su cui si schiantano le nostre
auto e i cieli che guardiamo alzando la testa, senza tutto questo non ci
sarebbe niente. Nemmeno i libri.
Poniamo che vogliate scrivere una storia, un racconto o un
libro, o un film, qualsiasi cosa abbiate in mente. Vi trovate in un luogo, un
luogo qualsiasi, ma per facilità diciamo che siete seduti nel dehors di un
caffè di una cittadina sulla scogliera italiana, perché la conoscete bene, ed è
sempre meglio partire da qualcosa che si conosca.
La gente intorno sorseggia un caffè o una bibita, qualcuno
passa in bicicletta, alcune auto, poche, transitano in lontananza perché vi
trovate in un’area pedonale.
Adesso dovete elevarvi, al di sopra di tutto ed iniziare la
costruzione delle mappe.
Partiamo da quella geografica, il bar, le case, quasi tutte
degli anni ‘50, un po' scrostate, segno di scarsa manutenzione e quindi una
economia locale poco florida (perché? Più avanti nella storia cercheremo di
capirlo).
Il vostro eroe dove abita? Lì vicino? Una casa in cima al
paese, accanto alla chiesa. Quali relazioni intrattiene? Ci sono parenti o
amici? No, è solo. Allora vediamo quali ambienti frequenta; il bar dove fa
colazione, un ristorantino sulla spiaggia, il minimarket all’ingresso del
paese, etc. Strutturiamo tutto dentro una mappa e verifichiamo le distanze, i
percorsi, le alternative. Chi potrebbe incontrare lungo quei percorsi? Chi
incontra di solito? La cassiera del minimarket è carina? Lei gli fa il filo?
Con cadenza settimanale l’eroe si reca all’ufficio postale e
riceve un pacco. Da dove lo riceve? Dove si trova la sua famiglia?
Di solito la costruzione del personaggio credo venga fatta a
monte, ci si chiede come sia fisicamente e caratterialmente e via discorrendo.
Con questo metodo partiamo dalle sue azioni, dai luoghi che frequenta e il modo
in cui si muove. Non sappiamo niente del personaggio, lo costruiamo passo passo
facendoci aiutare dal contesto, in base a come il ns personaggio reagisce al
contesto in cui l’abbiamo collocato e alle relazioni che i suoi movimenti
stabiliscono.
In pratica si va avanti ed indietro in continuazione, tra il
contesto e il personaggio. Scegliamo il colore degli occhi ed il modo in cui
vede il mare, perché abbiamo stabilito che lì ci sia il mare e siccome c’è il
mare possiamo anche decidere che lui lo odi il mare, ma perché? Perché sappiamo
che ha gli occhi verdi ma è anche daltonico e quindi è vagamente triste per il
fatto che per lui il mare sia sempre di colore grigio, anche in una splendida
giornata di sole.
Un elemento cruciale nell’utilizzo della tecnica delle mappe
è la scelta del momento, o meglio dell’occasione. Da lì discende tutto, o
quasi. Esistono “n” momenti da cui dare avvio al processo e “n” luoghi da cui
iniziare il processo, perché alla fine è di una mappa di cui stiamo parlando e
il modo in cui la si utilizza e poi si percorre il territorio, sono un fattore
fondamentale per la buona riuscita del processo.
Sono a casa, sono fuori, mi sento bene, mi sento male, ho la
febbre, mi ha lasciato la ragazza oppure è morta mia madre (Albert Camus), sono
tutti starting point possibili che hanno a che fare con un luogo e con uno
stato d’animo.
Il luogo può benissimo essere casuale. Non c’è nessun
bisogno che faccia una scelta ponderata, posso benissimo lasciare che sia il
caso a determinare il punto d’inizio. Anzi, anche per questa circostanza potremmo
utilizzare una mappa. La mappa delle circostanze o la mappa dei luoghi. Ma
“luoghi” è troppo generico. Sarà mia premura costruire delle mappe ad hoc per
luoghi specifici. I luoghi dell’infanzia, i luoghi del cuore, i luoghi del
lavoro, i luoghi delle vacanze, i luoghi del sesso, i luoghi della perdizione,
i luoghi della droga, i luoghi della paura, i luoghi dell’ozio e chi più ne ha
più ne metta.
Il mio approccio con le storie è prevalentemente quella
della casualità. Mi piace iniziare in qualsivoglia punto e qualsivoglia
momento, proprio perché è lì che si esprime al suo massimo la forza propulsiva
delle mappe. E’ dal caso che può scaturire la successione di eventi più
inaspettata e sorprendente, quando invece una scelta ponderata dell’occasione
di avvio potrebbe condizionare lo svolgersi del racconto, dare priorità ad
alcune situazioni già previste dentro i nostri schemi preordinati, che
renderebbero più prevedibile la concatenazione degli eventi.
Ancora una volta lasciatevi andare all’imprevedibilità del
meccanismo, non abbiate paura di sperimentare e introdurre variabili nuove al
vs impianto, potrete sempre tornate indietro, anche se non sapete cosa vi
riservi l’ultima scelta che avete fatto finché non sarà arrivata a conclusione.
Lasciatevi trasportare dagli eventi anche se in un primo momento sembra che non
portino a niente, perché dietro ogni angolo può nascondersi una sorpresa.
Questo è il lato più eccitante della metodologia.
Stiamo parlando di finzione per cui possiamo permetterci di
assumere quello che stiamo descrivendo come “vero”. Niente è più vero di quello
che diciamo, in quanto lo stiamo dicendo. A livello di linguaggio ciò che
diciamo è vero in quanto tale, anche se dico “voglio uccidere mia madre” e poi
non lo faccio. Quello che ho detto è comunque vero all’interno del layer di
riferimento, il layer della semantica. Un altro layer, quello della realtà
fattuale, troverà la frase completamente falsa, ma non perché non sia vera, ma
perché non è congrua, fa riferimento ad un codice diverso. Possiamo dire che la
mappa della “realtà” non esista.
La realtà si esplica secondo schemi diversi, anzi non
esistono schemi capaci di riprodurla, essa è tale solo in quanto non è
riproducibile altrimenti, se non attraverso sé stessa. Tutto il resto, a
partire dalle parole, sta sopra di essa: è sovrastruttura.